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Discussione: Garibaldi massone

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    Predefinito Garibaldi massone

    Garibaldi massone

    del Ven.mo Fr. Edward Eugene Stolper (1913-2003)


    Giuseppe Garibaldi con le insegne massoniche
    Immagine tratta dal sito http://upload.wikimedia.org/


    Durante il diciannovesimo secolo, l'era dei Risorgimenti, un gran numero di idealisti era disposto a sacrificare la vita ed i beni personali in supporto dei popoli oppressi in varie parti del mondo. Un tipico esempio era Giuseppe Garibaldi, un convinto pacifista, il quale ha però trascorso gran parte della sua vita sotto le armi, quale cospiratore, ammiraglio, corsaro, generale e guerrigliero, tutto per la causa della libertà, in Sud America, in Italia e nella Francia invasa dai Prussiani. Tuttavia, malgrado ciò che fece per la creazione della nazione italiana, egli non era un nazionalista, dichiarandosi cosmopolita. Egli non era un bravo generale nel senso convenzionale della parola, ma aveva il magico istinto del guerrigliero e perciò, insieme col suo indomabile coraggio, egli fronteggiò e sconfisse grandi eserciti regolari. Infatti, la sua massima era: "l'unico bravo generale è colui che vince".

    CONTINUA A LEGGERE

    Dal sito http://www.freemasons-freemasonry.com/
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 26-02-14 alle 23:55

  2. #2
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    Predefinito Il Risorgimento una storia esoterica

    Il Risorgimento una storia esoterica




    Patrioti e spiritisti: un libro di Baima Bollone sui lati sconosciuti dell’epopea nazionale
    Pierluigi Baima Bollone

    Pubblichiamo la premessa di Pierluigi Baima Bollone al suo libro Esoterismo e personaggi dell’Unità d’Italia. Da Napoleone a Vittorio Emanuele III (Priuli e Verlucca editore).

    I processi storici e gli avvenimenti che li costellano lasciano negli ambienti in cui si svolgono una quantità di tracce importanti, di minor rilievo o anche minimali. Il campo è assai ampio: documenti, quadri, fotografie, monete e una quantità di altri oggetti, dalle armi alle decorazioni, dalle divise ai bottoni.
    Due esempi tra i tantissimi di questo genere di reperti: il primo è l’artistica pipa in schiuma dimenticata da qualche funzionario in un ristorante della cintura torinese il 10 ottobre 1849, in occasione di una tappa del trasporto del feretro di Carlo Alberto arrivato a Genova via mare dal Portogallo, dove era deceduto in esilio il 28 luglio precedente e poi arrivato via terra a Torino e a Superga. La carrozza si ferma per la notte nell’unico locale provvisto di un cortile che può ospitarla. Partito il corteo, viene ritrovato il reperto che ancora oggi i visitatori possono chiedere di esaminare. Quanto al secondo, agli inizi del 2011, un articolo proprio sulla Stampa ricordava ai lettori quanto è facile reperire tuttora bandiere, uniformi, spade e altri oggetti risorgimentali.

    Sono ricordi che hanno un fascino esoterico, non perché costituiscono una apertura su dottrine segrete, ma in quanto facilitano una scorciatoia, un corto circuito intellettuale con un passato prossimo ormai entrato nel virtuale collettivo. Esso comprende l’Unità d’Italia che si snoda attraverso il Risorgimento indipendentemente dall’arco temporale che gli si vuole riconoscere, tra il Proclama di Rimini del 1815 e la presa di Roma del 1870, o più estesamente dal periodo-prerisorgimentale al Novecento, fino alle soglie della Prima guerra mondiale. Ma anche gli uomini dell’Unità d’Italia avevano le loro scorciatoie e i loro corto circuiti mentali verso grandi ideali della loro vita, per cui si sono sacrificati. Il libro cerca di darne ragione. Parte da Napoleone, presenta reperti, li lega ad avvenimenti e tocca i pensieri dei padri della Patria: Cavour, Garibaldi, Mazzini, Vittorio Emanuele II e altri grandi personaggi.

    Perché parte da Napoleone? Perché è lui ad incidere per la prima volta il nome Italia su di una moneta. E’ una moneta d'oro da 20 franchi coniata per celebrare la vittoria a Marengo il 14 giugno 1800. Reca scritto L'Italie delivrée a Marengo attorno alla testa di Minerva con l’elmo. È la prima volta che Italia compare su un esemplare numismatico. Il nome Marengo si trasferisce rapidamente alla moneta e poi a tutti i pezzi d’oro dello stesso valore coniati per l’intero ‘800 ed ancora nei primi decenni del ‘900, a quelli che sono conosciuti come «marenghi». A Napoleone si rifà un altro particolarissimo reperto che è accompagnato da una lettera. Essa tradisce la propensione non solo affettiva ma addirittura esoterica, un vero e proprio culto ideale della personalità dell’Imperatore, da parte della figlia adottiva Ortensia di Beauharnais e delle altre persone citate. Si tratta di una prova in piombo dello scudo da cinque lire opera dell’incisore torinese Amedeo Lavy, preparata per il concorso monetario dell’anno 11 repubblicano, vale a dire 1803 del calendario gregoriano.

    La moneta reca la testa di Napoleone rivolta a destra con la scritta Bonaparte premier consul. Al di sotto la firma di Amedeo Lavy, l’incisore della zecca torinese. L’artista, soggiogato dal fascino di Bonaparte, riesce a dare all’immagine, che insieme alla Minerva del marengo raggiunge il punto più alto della sua produzione, un aspetto idealizzato, quasi trascendente. L’opera di Lavy, nonostante il suo valore artistico, non risulta vincitrice. L’incisore torinese è però premiato dall’affezione che Napoleone dimostra conservandola con sé.
    Il libro illustra moltissimi altri reperti legati ai maggiori esponenti del Risorgimento ed oltre, sino all'Esposizione Internazionale di Torino del 1911. Puntualizza anche la situazione psicologica di molti personaggi. Vittorio Emanuele II e la Contessa di Castiglione soffrivano di disturbo narcisistico di personalità, mentre esistono elementi per formulare una diagnosi di personalità multipla a Costantino Nigra. A proposito di questo importantissimo diplomatico, collaboratore di Cavour, ambasciatore a Parigi, Londra, San Pietroburgo e Vienna, spesso ignorato da chi si occupa di Risorgimento, si deve ricordare che si tratta di uno dei due soli personaggi che vissero in prima persona tutto il Risorgimento. L’altro è Vittorio Emanuele II.




    DAL 23 FEBBRAIO CON LA STAMPA
    I personaggio e i loro misteri
    Il volume Esoterismo e personaggi dell’Unità d’Italia. Da Napoleone a Vittorio Emanuele III di Pierluigi Baima Bollone, edito da Priuli e Verlucca (pp. 300) sarà distribuito da domani insieme con La Stampa nelle edicole di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta (oltre che sul sito LASTAMPA.it) a 9,90 euro più il prezzo del quotidiano. Baima Bollone è professore emerito di Medicina legale all’Università di Torino. Da Garibaldi spiritista al mistero della morte di Cavour, il suo libro propone una lettura del Risorgimento alla luce dell’esoterismo.
    "Sarebbe anche simpatico, se non fosse nazista!" (Malandrina) :gluglu:


    "Al di là dell'approvazione o disapprovazione altrui!" :gluglu:

  3. #3
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    Predefinito Rif: Il Risorgimento una storia esoterica

    Ciao a tutti!
    Seguo questo forum da un po'
    non avevo mai postato ma ci son capitata spesso mentre facevo ricerche.
    Volevo solo presentare questo libro perchè mi sembra in linea con quello sopra. Io lo sto leggendo e mi piace molto.


    Enzo Pennetta, Gianluca Marletta
    Extraterrestri
    Le radici occulte di un mito moderno


    Il mito degli extraterrestri e l’attesa «messianica» che si addensa intorno alla figura dell’Alieno fanno ormai stabilmente parte dell’immaginario dell’uomo contemporaneo. Pochissimi, tuttavia, sospettano quali legami vi siano fra questo mito – apparentemente connotato in chiave scientifica e tecnologica – e le correnti più ambigue e nebulose dell’occultismo moderno. In questo saggio, per la prima volta, si ricostruiscono le radici «occulte» e ignorate del mito extraterrestre, attraverso i suoi legami con lo spiritismo ottocentesco, la nascita del contattismo, la mediazione di singolari personaggi a cavallo tra scienza e magia, il ruolo del cinema, l’affermazione dell’«archeologia spaziale» e dell’«interpretazione extraterrestre» dei Libri Sacri; con sullo sfondo la realtà, tanto ambigua quanto evanescente, dei cosiddetti «fenomeni UFO». Tutti elementi, questi, caratterizzanti un mito che è anche una delle più incredibili quanto riuscite parodie moderne della religione.

    (2011) pp. 136

    ISBN: 978-88-498-2870-2

  4. #4
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    Predefinito Rif: Il Risorgimento una storia esoterica

    C'è gia un testo della defunta Cecilia Gatto Trocchi morta in circostanze un po' strane (dicono che si sia suicidata per la tragica morte del figlio)riguardante proprio il risorgimento e gli aspetti esoterici nel suo insieme. Basta pensare ai carbonari che erano società segrete massoniche, o agli incontri segreti fra gli alti ufficiali massoni francesi e austriaci (su Hiram qualcosa è stato scritto). Mi scuso perchè non mi ricordo il titolo del testo, ma sono sicuro che qualcuno di Voi mi aiuterà. Alla prossima!

  5. #5
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    Predefinito Rif: Il Risorgimento una storia esoterica

    Citazione Originariamente Scritto da sideros Visualizza Messaggio
    C'è gia un testo della defunta Cecilia Gatto Trocchi morta in circostanze un po' strane (dicono che si sia suicidata per la tragica morte del figlio)riguardante proprio il risorgimento e gli aspetti esoterici nel suo insieme. Basta pensare ai carbonari che erano società segrete massoniche, o agli incontri segreti fra gli alti ufficiali massoni francesi e austriaci (su Hiram qualcosa è stato scritto). Mi scuso perchè non mi ricordo il titolo del testo, ma sono sicuro che qualcuno di Voi mi aiuterà. Alla prossima!
    Cecilia Gatto Trocchi, Il Risorgimento esoterico - Mondadori 1996


    Citazione Originariamente Scritto da lunalei Visualizza Messaggio
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    Benvenuta!

  6. #6
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    Predefinito Rif: Il Risorgimento una storia esoterica

    Che il Risorgimento italiano sia stato opera della Massoneria non è un mistero per nessuno. Ma le trame esoteriche che si dipanano dalla cultura italiana ottocentesca sono molto più estese di quanto possa sembrare dai soli piani politici approntati nel segreto delle logge.

    Nel saggio "Il Risorgimento esoterico" di Cecilia Gatto Trocchi i lettori possono trovare un quadro sorprendente dello scenario culturale del XIX secolo che per certi aspetti prelude all’esoterismo di plastica che si è sviluppato alla fine del XX secolo, spesso sotto il nome di New Age.

    Verso la metà dell’800 i Savoia richiamano a Torino esoteristi di ogni sorta e accordano speciale protezione alle logge massoniche per colpire il nemico numero uno dell’unità d’Italia: la Chiesa Cattolica.

    Fra i santoni risorgimentali Mazzini accoglieva nel suo pensiero suggestioni che derivavano dalla Teosofia della Blavatsky e da vari ambienti massonici, fra cui quelli in cui militava Garibaldi. Mazzini credeva alla reincarnazione, nonché a forme di vita extraterrestri; inoltre praticava lo spiritismo. Alla sua confusa filosofia spiritualista non doveva essere estranea l’influenza dell’ebrea Sara Levi Nathan, che Mazzini frequentava assiduamente… Secondo la Gatto Trocchi il “patriota” repubblicano può a buon diritto essere considerato un precursore delle moderne teorie “acquariane”.

    Le esperienze paranormali affascinavano anche certi ambienti cattolici: Alessandro Manzoni era particolarmente interessato all’ipnosi. L’autore dei Promessi Sposi assisteva volentieri a esperimenti che chiamavano in causa il magnetismo e il sonnambulismo.

    In generale le esperienze spiritualiste di ogni genere richiamavano l’attenzione degli intellettuali dell’epoca. Di gran moda erano le sedute spiritiche: un capitolo del libro è dedicato a Eusapia Palladino, una medium molto celebre che operava a Napoli, che però già all’epoca suscitava non pochi sospetti sull’autenticità delle sue evocazioni…


  7. #7
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    Predefinito Rif: Il Risorgimento una storia esoterica

    Marco Respinti

    BAIMA BOLLONE E I PADRI DELLA PATRIA OCCULTA





    I protagonisti del Risorgimento? Una bella congerie di spiritisti, occultisti e massoni. Ovvio poi che a 150 anni di distanza la “questione cattolica” non sia ancora appianata. I Padri della patria, infatti, dai più remoti agli ultimi in ordine di tempo, coltivavano idee sul mondo agli antipodi di quelle predicate dalla Chiesa e diffuse nel popolo. A documentare questo volto insolito della storia nazionale, una vera e propria altra faccia della medaglia, è Pierluigi Baima Bollone nel libro, "Esoterismo e personaggi dell’Unità d’Italia. Da Napoleone a Vittorio Emanuele III" (Priuli e Verlucca editore, Borgaro Torinese, Torino).

    73 anni, medico chirurgo, Baima Bollone è professore emerito di Medicina legale nell’Università di Torino. Membro della Conferenza Comitati Etici della Regione Piemonte, è autore di un famoso Manuale di Medicina legale (giunto alla quinta edizione) adottato in vari atenei italiani e di 163 pubblicazioni e relazioni scientifiche. Ai più è noto però per i preziosi studi sulla Sindone, legati soprattutto all’identificazione delle tracce di sangue sul sacro lino. Pubblicista, è autore di 26 saggi, spesso tradotti anche all’estero, più altri pubblicati direttamente in Paesi stranieri.


    Parte infatti dalla sua lena di ricercatore instancabile e dalla sua certosina attenzione per il dettaglio medico-scientifico l’indagine sull’aspetto occulto del Risorgimento. Curiosando e girovagano nel mondo dei collezionisti ma anche dei rigattieri (nel libro ve n’è ampia documentazione fotografica), Baima Bollone si è infatti costantemente imbattuto in reperti, cimeli e segni che parlano una lingua diversa da quella un po’ oleografica affidata ai libri di scuola. Peraltro sfondando porte aperte, dice l’autore di "Esoterismo e personaggi dell’Unità d’Italia", poiché da un lato nell’Ottocento l’occultismo era una moda assai diffusa tra i ceti sociali più elevati, dall’altro perché tutte le notizie che egli ha raccolto e ordinato nel libro sono da tempo facilmente rinvenibili nelle biografie dei personaggi presi in esame. Solo che nessuno le aveva mai messe prima in riga, secondo un criterio ragionato.

    Tutto prende le mosse da Napoleone Bonaparte. L’argomento del libro, infatti, non è tanto il Risorgimento, secondo il concetto cronologicamente un po’ riduttivo che si è usi dare al termine, bensì l’Unità d’Italia. E, afferma l’autore, è innegabile che l’Unità d’Italia inizi fuori dall’Italia con un non italiano, appunto il futuro “imperatore dei francesi”, che con la battaglia di Marengo, combattuta in provincia di Alessandria nel giungo 1800, innescò il processo che porterà all’unificazione politica della Penisola e che poi nel 1805 proclamò il primo regno d’Italia (durato fino alla disfatta finale del “grande còrso” nel 1814), peraltro nato dalle ceneri della prima Repubblica Italiana proclamata a Lione nel 1802. E proprio Napoleone dà il la al volto occulto della storia unitaria dello Stivale, facendosi, scrive Baima Bollone, iniziare alla massoneria probabilmente «durante la campagna d’Egitto a Menfi nel 1798», lui che a Il Cairo forse cofondò pure «la loggia Iside del rito di Memphis-Misraïm».

    Da lì in poi l’Italia è quindi tutta un gran fiorire di sètte e di camarille vere o presunte, vale a dire seriamente animate da intenti sovversivi così come semplicemente speranzose di farlo ma senza pane per i denti o denti per il pane. Massoni regolari e massoncelli di frangia, spiritisti di varie obbedienze e mesmeristi assortiti, sincretisti e teosofi, Illuminati di Baviera e precursori del Divino Otelma, semplici giocolieri o Houdini da strapazzo annebbiano infatti lo scenario. Soprattutto perché non si riesce mai capire dove finiscano gli iniziati davvero votati a brutte intenzioni (pochi, ma pericolosi) e incomincino invece i venditori di aspirapolveri (un numero stragrande calcò la Penisola).

    Ricolma di ninnoli e di simboli vuoi neopagani, vuoi paraclassici, vuoi orientaleggianti, l’Italia descritta da Baima Bollone si fa così una insalata russa da pre-New Age che fu il gran passatempo degli snob, ma che al contempo influenzò e non poco le élite che fecero il Risorgimento. Alla meglio si mescolarono fede cattolica ed esotismi, devozione ed esoterismi in un clima spirituale non migliore per l’Italia in costruzione. Da notare, e in questo Baima Bollone guida il lettore da vero maestro, pure le nozze alchemiche fra occultismi e positivismi scientisti che vi si celebrarono apertamente, di primo acchito una contraddizione in termini e in realtà una coppia di fatto costante dell’intera Modernità. Come se per far la guerra al Dio dei cattolici (d’Italia si sta infatti parlando) andasse bene tutto, dall’adorazione tecnocratica della locomotiva a vapore ai fantasmi richiamati dai tavolini traballanti.

    Così, mentre il cantore patrio Giosue Carducci intonava l’Inno a Satana invocando il principe degl’inferi per vendicar la “ragione filosofica” vilipesa dalla religione dei Papi, un Cesare Lombroso determinava meccanicisticamente la patologia spirituale dei criminali solanto rimirandone il grugno e una medium controversa come Eusapia Palladino incantava lui e molti altri.

    E il conte di Cavour, un altro “straniero” (parlava più francese che italico), ebbe l’idea di ritagliarsi un Vangelo fai-da-te detestando la Chiesa e favorendo la massoneria a cui però non aderì, troppo religiosa, come invece fece volentieri Costantino Nigra. «Certo è - scrive Baima Bollone - che poco dopo la morte si diffonde la notizia che lo scomunicato Cavour ha chiesto di confessarsi, di ricevere l’eucarestia dei moribondi e soprattutto ha voluto rendere pubblico di essere morto da cattolico come sempre era vissuto. Qualora ciò corrispondesse a realtà, con questa dichiarazione terminale Cavour avrebbe sconfessato e rinnegato tutta la sua attività politica».






    Dibattuto fra protestantesimi e deismo fu Giuseppe Mazzini, a cui garbava molto lo spiritismo e che forse forse pensava esistessero persino gli extraterrestri: con fermezza, comunque, credeva nelle reincarnazione e ammirava la teosofia di Helena Petrovna Blavatsky. La quale madama Blavatsky ricambiava di cuore, sinceramente ammaliata quale era da Mazzini e Giuseppe Garibaldi. L’“eroe dei due mondi”, del resto, era massone del rito “egiziano” tra i più incalliti anticristiani e tra i più indomiti anticlericali. Un dì Garibaldi si comperò pure una “cintura elettrica”, l’ultimo ritrovato nella tecnica per conferir rinnovato vigore ai lombi stanchi e far sorridere le signore, in realtà una bufala cosmica in cui cascarono al tempo frotte di creduloni cultori della religione pseudoscientifica del materialismo.

    E siccome tutte le preghiere finiscono in gloria, la patria storia occulta porta diritti ai socialismi e ai fascismi che nell’età postunitaria compirono il Risorgimento anche in fatto di esoterismi. Il massone Arturo Reghini, non sconosciuto a certa “destra”, «nel 1924 pone i “santi” Mazzini e Garibaldi alla testa ideale “di ‘un partito imperialista e laico, pagano e Ghibellino’ capace di contrapporsi alla Chiesa romana cristiana, madre di tutti gli internazionalismi liberal-democratici e socialisti”».

    I Savoia? Vittorio Emanuele II fu un gran superstizioso e la regina Margherita «è brillante e curiosa, aperta alle esperienze culturali e portata all’occultismo. Desidera “sapere bene” che cosa vi sia nell’Aldilà».

    C’è come il sospetto che qualcuno abbia voluto approfittarsi del Risorgimento. Secondo il medico Baima Bollone in diversi casi si è di fronte a personalità disturbate, persino multiple, insomma patologiche.

    Ultima modifica di Silvia; 27-02-11 alle 19:10

  8. #8
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    Predefinito Rif: Il Risorgimento una storia esoterica

    Citazione Originariamente Scritto da lunalei Visualizza Messaggio
    Ciao a tutti!
    Seguo questo forum da un po'
    non avevo mai postato ma ci son capitata spesso mentre facevo ricerche.
    Benvenuta su PIR anche dal sottoscritto...per quanto non c'entri granché con questo forum spero Silvia non si arrabbierà se mi unisco ai saluti alla nuova arrivata (così almeno mi 'conosce' subito :sofico

    iaociao:
    "Sarebbe anche simpatico, se non fosse nazista!" (Malandrina) :gluglu:


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  9. #9
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    Predefinito Rif: Il Risorgimento una storia esoterica

    Riflessioni sulla Massoneria
    di Luca Fucini indice articoli

    Riflessioni sul Gran Maestro Giuseppe Garibaldi. Febbraio 2008



    Come ricordato dallo stesso Garibaldi nelle sue ‘Memorie’, l’ ‘Eroe dei due Mondi’, da ragazzo, aveva imparato a navigare con il Capitano Angelo Pesante di San Remo ed a quest’ultimo doveva quel suo primo viaggio, dai connotati tutti ‘iniziatici’, nel Mar Nero, esperienza indelebile di memoria gioventù.
    Da Pesante sentì parlare dell’Uruguay, paese con il quale il capitano sanremese aveva stabilito dei traffici commerciali e dove poi si recò Garibaldi a combattere come rivoluzionario. (1)
    Proprio a Montevideo, nel 1844, il futuro Generale venne iniziato massone in una loggia indipendente denominata “L’Asilo de la virtud”, in seguito viene affiliato nella loggia “les Amis de la Patrie”, sempre nella capitale uruguayana, all’obbedienza del Grande Oriente di Francia, “regolarizzando” così la sua iniziazione. (2)
    Nel 1850 frequenterà a New York i lavori dei fratelli americani, ed a Londra, nel 1854, non mancherà di muovere gli attrezzi dell’Arte Reale.
    A Palermo verrà consacrato al grado di maestro massone e sempre nel capoluogo siciliano, nel 1862, verrà elevato dal quarto al trentatreesimo grado del Rito Scozzese Antico ed Accettato, assumendo la guida del Supremo Consiglio scozzesista palermitano.
    Due anni più tardi, verrà eletto Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, la cui sede era stata trasferita da Torino a Firenze, e prezioso fu il suo “diretto intervento per attribuire alla massoneria unità e potere determinante nella vita del paese tra il 1864 ed il 1869. (3)
    Secondo Garibaldi, evidentemente profondo conoscitore dell’operazione napoleonica di unificazione del territorio italico anche attraverso la costituzione, a Parigi, di un Supremo Consiglio di Rito Scozzese Antico ed Accettato, con il compito di riunire le varie obbedienze massoniche del nord e del sud Italia, la lotta per completare l’unificazione nazionale e quella per riunire le varie obbedienze massoniche dovevano andare all’unisono e quasi sovrapporsi.
    La massoneria, per il Generale, costituiva l’unico organismo dotato di una pur labile articolazione su base nazionale, doveva rappresentare lo strumento di aggregazione di tutte le forze progressiste italiane, per le quali, in quel momento, l’obiettivo assolutamente prioritario era rappresentato dalla lotta per la liberazione di Roma.
    Proprio a sancire questo suo intento ecumenico e conciliatorio Garibaldi, nel giugno 1867, pur conservando la carica di gran maestro del Consiglio scozzesista palermitano, accettò la nomina a gran maestro onorario del Grande Oriente d’Italia che gli venne conferita dalla Costituente massonica di Napoli. (4)
    Scriveva il Gran Maestro nel 1872: “Io credo che siamo tutti d’accordo nel riconoscere il profondo malcontento di tutta Italia – malcontento per cause economiche, politiche e morali; nell’ammettere che, per toglierlo, tutti gl’interessi debbano essere rappresentati nel governo della cosa pubblica; nel volere pertanto il voto universale e l’abolizione del giuramento, a ciò che tutte le opinioni abbiano un voto in Parlamento; nel volere soppresse le guarentigie; tolto il culto ufficiale ed indivisa la sovranità dello Stato; rimaneggiato il sistema tributario a ciò che paghi solamente e progressivamente chi ha; rotta la centralizzazione e avviato un sistema di verace decentramento; armata la nazione per essere in grado di liberare le province irridente; arati e bonificati i due quinti del territorio italiano, incolto o paludoso, fecondandolo con i 115 milioni dei beni ecclesiastici invenduti; utilizzati a pro dei poveri i 1500 milioni di Opere pie, in gran parte goduti dagli amministratori, dai frati e dalle oblate; guarita, con tutti i rimedi che ispira l’affetto e suggerisca la scienza, la gran piaga della miseria; proporzionata l’autorità del potere legislativo e dell’esecutivo; e per ottenere questi risultati è necessario rivedere lo Statuto; insufficiente e inferiore ai nuovi bisogni della patria, a ciò che essa si regga non con una carta largita trent’anni addietro ad una sola provincia, ma posi e stia sovra un patto nazionale. A me pare che queste siano le principali idee sulle quali non corra divario fra noi. Principiamo col far trionfare quella che le contiene tutte e dalla quale tutte deriveranno, il suffragio universale e l’abolizione del giuramento”. (5)
    Nel 1872, Garibaldi aveva rilanciato con estrema lucidità quello che sarebbe divenuto il principale progetto dei suoi ultimi anni di vita e il testamento ideale che egli avrebbe lasciato alla sinistra italiana post-risorgimentale: l’idea cioè di riunire in un fascio comune tutte le correnti della democrazia, tutte le forze impegnate nella diffusione dei valori della cultura laica, della libertà, del progresso, di un riformismo che accettava di muoversi all’interno del quadro istituzionale vigente, pur non rinunciando alla prospettiva di cambiamenti più radicali in un lontano futuro.
    La Massoneria doveva farsi promotrice di questo progetto e fornire il collante ideologico e organizzativo di cui esso necessitava per essere coronato dal successo.
    “Perché tutte le associazioni italiane tendenti al bene – si domandava nel 1873 – non si affratellano e non si pongono per amore d’indispensabile disciplina sotto il vessillo democratico del Patto di Roma? [….] La più antica e la più veneranda delle società democratiche, la Massoneria, non darà essa l’esempio di aggregazione al fascio italiano? Le società operaie, internazionali, artigiane, ecc. non portano esse nel loro emblema la fratellanza universale, quanto la Massoneria? Formate il fascio, adunque, repubblicani ringhiosi; stringetevi intorno al Patto di Roma”. (6)
    Garibaldi, sempre fedele ai principi della Libera Muratoria, mantenne la carica di Gran Maestro ad vitam del Grande Oriente d’Italia, e nel 1881 accettò di diventare Gran Ierofante, ricoprendo il grado 97° del Rito riformato di Memphis e Misraim.
    Per comprendere quale fosse l’atteggiamento del Generale nei confronti della Libera Muratoria, ci aiuta Aldo A. Mola: “Per Garibaldi ‘massoneria’ significò fratellanza di uomini liberi praticanti una ‘religiosità’ personale (rispetto di sé e degli altri), al di fuori di qualsiasi imposizione dogmatica o dottrinaria: compresa quella dei ‘catechismi’ positivistici, materialistici, ateistici recitati ai margini delle logge della Comunione massonica regolare italiana e spesso trionfanti in quelle irregolari. Anche per Garibaldi l’identificazione tra massoneria e programma nazionale risultò necessaria solo nel breve periodo della fondazione unitaria e della lotta contro la reazione. Essa era però destinata a risolversi in una più vasta identità: quella tra ‘nazione’ e ‘l’umanità’, quando lo Stato fosse giunto a esprimere (anziché conculcare) le libertà individuali, superando la condizione di ‘legge’ quale limite e costrizione ereditata dal passato.
    Garibaldi conferì alla massoneria un compito più direttamente politico riconoscendole la facoltà di dirimere i conflitti tra governi nella solidarietà tra i popoli. Si colloca in quello spazio l’apparente contraddittorietà tra il pacifismo di Garibaldi, il suo sogno di un’umanità definitivamente avviata alla costruzione delle ‘magnifiche sorti e progressive’, e la sua onnipresenza ovunque risultasse in gioco l’indipendenza di un popolo o affiorasse un conflitto tra libertà e reazione. Si comprende pertanto quali ragioni spingessero Garibaldi e i suoi seguaci dall’America Meridionale all’Italia, dalla penisola alla Polonia e poi nel groviglio dei moti liberali della penisola iberica, nei Balcani, a Creta come, nel Novecento, nelle Argonne e ove ancora il nome e i simboli di Garibaldi vennero elevati a insegna delle guerre di liberazione nazionale”. (7)
    Dopo la sua morte, i massoni italiani invocheranno il Generale spesso, conservandone la memoria e alimentando il mito di duce e liberatore, simbolo di quell’internazionale che voleva essere il raggiungimento di valori universali, e non ‘globali’, dell’umana comunione.

    L’’ideale garibaldino’ viene a permeare le tensioni ideologiche dei fratelli del Ponente ligure, soprattutto tra coloro che individuano nella vita d’azione del Generale un esempio da seguire per risolvere i problemi della società del momento. Scrive un massone del Ponente, ispirato dall’epopea garibaldina, ma nell’intento soprattutto di individuare nel presente quel continuum storico che idealmente univa il neonato Regno d’Italia attraverso i suoi personaggi illustri, antichi e contemporanei.
    “La vita di Giuseppe Garibaldi ha tutto il rilievo delle vite dei grandi antichi, tramandateci nelle pagine di Plutarco e Livio.
    Si ripete un luogo comune, ma si consacra una grande verità, quando si dice che su Lui la storia si confonde con l’epopea, sicché spesso Plutarco e Livio diventano Omero e Virgilio.
    E’ un seguito meraviglioso di episodi epici: dalle prime battaglie d’America agli eroismi di Roma, da Calatafimi al Volturno, dalla sconfitta di Mentana alla nobile vendetta della campagna dei Vosgi.
    Aggiunge fascino d’idealità, concorre a fare di Garibaldi un simbolo quella parte del suo programma che appare accennata, incompiuta. Egli è grande non solo perché traversa, invulnerabile arcangelo, il fuoco di cento battaglie; perché entra vittorioso a Palermo ed a Napoli; ma altresì perché è fermato alla Cattolica, nel 1859; ad Aspromonte, nel 62; alle porte di Trento, nel 66; a Mentana, nel 67; perché, anche morto, gli è conteso il rogo omerico di mirto e di lentisco.
    L’impedimento che muove sempre dalle stesse influenze auliche, fa di Lui un simbolo che l’infultura; mentre le gesta di Vittorio, il primo re d’Italia, rimangono un fatto del passato. L’affiliato della Giovane Italia è vissuto tanto da salutare il sole dell’Avvenire.
    Nondimeno Garibaldi è una figura afferrabile, non mistica, non trascendente la natura umana a cui la raccostano le inevitabili debolezze umane. Simbolo ancora, sempre, finché non solo sia compiuta l’Italia ed affermata la fratellanza delle nazioni, ma finché non sia assicurato lo spirito umano dai danni della superstizione e l’Italia dall’onta dell’influsso pretesco.
    Verso il prete Egli ripeterebbe la strofa composta, quando l’Italia tremava sotto la verga del Tedesco:

    Io la vorrei deserta
    E i suoi palagi infranti,
    Pria che vederla trepida
    Sotto il baston del Vandalo.

    Garibaldi sentirebbe certamente i nuovi Vandali nel Vaticano e nei suoi alleati.”(1)
    Tema dominante è sempre quello dell’anticlericalismo e della lotta contro il potere temporale dei papi. Risulta chiaro agli intelletti dei liberi muratori che senza l’affrancamento dalla Chiesa cattolica, intesa come vero e proprio centro di potere politico, quanto mai lontana dal religioso, non fosse possibile la costruzione dello stato laico.
    I massoni del Ponente ligure, dalle antiche tradizioni rivoluzionarie, prima giacobine poi bonapartiste, ‘regolamentati’ dagli anni dell’egemonia imperiale, dove le logge costituivano, insieme alla capillare burocrazia, il tessuto connettivo dell’Empire, si sentivano semmai cristiani e non cattolici. Animati da quella religiosità ‘naturale’ scevra dagli orpelli dogmatici e dalle certezze rivelate.
    Un fratello di Sanremo, dal cui stile sembra si possa riconoscere l’allora sindaco di Sanremo, Orazio Raimondo, scriverà, sul pamphlet dedicato a Garibaldi edito dalla massoneria savonese il 4 luglio 1907, il saggio ‘L’attesa’: “Rievocando Giuseppe Garibaldi, rievoca la mente nostra quasi mezzo secolo di vita nazionale e di grandezza, l’epiche lotte per l’avvento e il trionfo della libertà e della civiltà, il trionfo della ragione sul dogma.
    Rievoca la pallida nera figura del tribuno, grande quanto la luce e l’ombra: del tribuno che ebbe la mente di Platone e il cuore di Dante, cuor che le amarezze colmarono, ma né dolore , né sventura mai spezzò: il Giugno del 1849: Roma costretta da tre eserciti nemici come in ferrea cerchia; i vecchi, le donne e i fanciulli in sulle mura a veder la battaglia terribile; il dì 3 di giugno; il tuono delle artiglierie nemiche dalle trincere della cortina sul Vascello; la rovina; il crepito delle fanciullate, lo scoppio degli obici; lo strepito della battaglia; la notte; i subiti bagliori; l’urto de la falange giovanile da Porta San Pancrazio; i clamori; la voce imperiosa del Dittatore; la volontà più dura della sorte; la morte.
    O Mameli, o Dandolo, o Daverio, o Morosini, o Manara, o martiri tutti della libertà! O sacri eroi che combatteste con la spada e con l’idea per la terza Italia!
    Ieri è pur morto quegli che vi cantò, il vostro Poeta, l’ultimo grande che avesse ancora l’Italia.
    Or la genia nova è di gnomi e di coboldi.
    E gli gnomi e i coboldi schiamazzano e fanno sconcio tumulto e gavazzano su le vostre tombe gloriose, e vi calpestano le rame di alloro e ne fanno strame, e vi sputacchiano a gara le faccie, e si credono grandi.
    Per l’opera loro, l’Italia dalla usurpazione passa alla restaurazione e sta per passare a più tristi servitù, perciocché costoro hanno fatto turpe mercato con gli stessi nemici; l’hanno condotta per mezzo d’inganni nel Vaticano; hanno voluto un triste connubbio.
    E certi gnomi, rappresentanti della terza Italia, sono entrati nel Parlamento, passando per l’usciolo della sagrestia, e l’usciolo è rimasto aperto; un principe, diverso troppo dall’alvo suo grande, ha assistito, nella città più popolosa d’Italia, in forma ufficiale, alla maggiore superstizione; l’esercito rende ai cardinali gli onori dovuti ai principi: le nostre navi da guerra, che fecero così triste prova nel mare di Lissa. Splendono di bandiere e di pavesi nelle solennità religiose; le congregazioni che la Francia repubblicana discaccia della sua terra, qui trovano l’accoglienza, la mollezza, i piaceri, il vino e la gaia vita, come nei tempi di messer Boccaccio.
    E, in questo stato di cose, i coboldi e gli gnomi proclamano la grandezza, l’indipendenza d’Italia, il suo prossimo trionfo su la gente slava e latina!
    Ma il popolo d’Italia, il popolo d’Italia ch’è il vero, il solo rappresentante della tradizione e della virtù di stirpe, e ha fede nei tempi, attende libertà e giustizia, e guarda con fremito al di là della vergogna e dell’onta; e vede, a primavera, la forza dei germogli rampollar dal cuor dei grandi, e sente nel respiro del Tirreno il respiro del Leone che dorme a Caprera e gli grida: Vieni, ritorna, o Duce, o Liberatore, o Dittatore, per fin che lo vegga, come nell’elogio del Poeta, ritornar cavalcando alla fronte dei nostri eserciti e ancora guidarci alla vittoria e alla gloria.” (2)
    Per comprendere il pensiero di Garibaldi, in ordine alla sua visione della Massoneria come essenziale collante per l’unità della Patria e quale elemento fondamentale del processo di nation building nel quale il condottiero era da sempre impegnato, è illuminante conoscere la missiva inviata nel 1867 al Supremo Consiglio scozzesista di Palermo.


    Al Sup. C. di Palermo.

    Firenze, 18 maggio 1867 E. V.

    FF. (ratelli),
    Come non abbiamo ancora la patria perché non abbiamo Roma, così non abbiamo Mass(oneria) perché divisi. Se la vecchia lupa della diplomazia da una parte, e l’apatia del popolo dall’altra, ci contendono Roma, chi in Massoneria potrà mai contenderci una patria, una Roma morale una Roma Mass:.?
    Io sono di parere che l’unità Mass(onica) trarrà a sé l’unità politica d’Italia. E’ quindi mio vivo desiderio che un’Assemblea sia convocata, onde ne sorga una Costituente.
    Facciasi in Mass. quel Fascio Romano che ad onta di tanti sforzi non si é potuto ancora ottenere in politica.
    Io reputo i massoni eletta porzione del popolo italiano.
    Essi pongano da parte le passioni prof. e con la coscienza dell’alta missione che dalla nobile istituzione Mass. gli è affidata, creino l’unità morale della Nazione. Noi non abbiamo ancora l’unità morale; che la Mass. faccia questa, e quella sarà subito fatta.
    FF.
    Io altro non aggiungo. Voi della sacra e sventurata Terra delle iniziative, farete opera veramente degna dei figli del Vespro, se alle glorie politiche e patriottiche unite l’aureola della rivoluzione morale e mass.
    Uniamoci! E saremo forti per vincere con la virtù il vizio, con il bene il male, e la patria e l’umanità ce ne saranno riconoscenti.
    Vi prego intanto a voler dare comunicazione della presente tav. a tutte le nostre LL., essendo mio fermo proposito che esse sieno invitate a nominare cadauna il proprio rappresentante e per l’assemblea generale Mass., che avrà luogo in Napoli nel locale della G. L. Egeria Or. Di Napoli, in via Nilo n. 30, pel dì 21 del prossimo mese di giugno, alla quale assemblea spero di poter intervenire come rappresentante il G. Or. Di Palermo.
    FF. L’astensione è inerzia, è morte. Urge l’intendersi, e nell’unità degli intendimenti, avremo l’unità di azione. Laonde spero che nessuno mancherà all’appello. Sono con tutta l’anima. Vostro F.(ratello). (3)
    Aldo A. Mola ha bene commentato la missiva sopra riportata, evidenziando che Garibaldi, nell’ultimo tentativo di risolvere la questione romana, sperava di poter contare “sul concorso unitario della massoneria italiana, non come coacervo degli anticlericali, bensì come organizzazione capace di imporre anche alla Chiesa la liberazione dai ceppi del dogmatismo e la palingenesi del cristianesimo”. (4)








    Riflessioni sul Gran Maestro Giuseppe Garibaldi di Luca Fucini - pagina 2 - Riflessioni sulla Massoneria
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    Predefinito Rif: Il Risorgimento una storia esoterica

    Mazzini, massoneria, cospirazioni

    ...Gli Illuminati erano repubblicani...


    Lettera di Mazzini alle Logge Massoniche ai Fratelli di Sicilia

    Lugano, 27 Agosto 1863




    Fratelli.
    Abbiatevi una stretta di mano da me ed una parola di gratitudine e di augurio.
    La stretta di mano è a voi come patrioti dell'Isola iniziatrice.
    La parola usata e d'augurio è a voi come Massoni.
    Voi avete una importante missione da compiere: quella di restituire la Massoneria all'antico spirito dell'istituzione.
    E dico: restituire, perché la Massoneria non fu, nei periodi nella sua potenza, straniera, come poi la fecero, ai destini politici dei popoli.
    Fu dall'origine la santificazione del Lavoro.
    E il Tempio, simbolo d' un ordinamento sociale, racchiudeva nel concetto tutta quanta l'attività umana.


    Molay cadde vittima d'un re e d'un papa.
    Piú dopo, la Massoneria dava parola d'ordine ai suoi: L.P.D. lilia pedibus destinam e distruggeva infatti i gigli di Francia.

    Gli Illuminati erano repubblicani.

    Fu soltanto nell'epoca del suo decadimento che l’istituzione si ridusse a formola di amicizia e di carità mutua, accogliendo principi nel suo seno.
    Il risorgere d'un Popolo è solenne occasione al risorgere dell'istituzione.
    E voi lo intendete e lo farete intendere ad altri.
    L'Italia Una e Repubblicana deve essere il Tempio dal quale la bandiera che non conosce padroni se non Dio nel cielo e il Popolo in terra, insegnerà amore, fratellanza d'uguali e associazione delle nazioni.
    La vostra fede abbraccia tutta quanta l'Umanità.
    Ma la Patria è il punto d'appoggio della leva, l'altare dell'Umanità.

    Siate dunque Italiani per potere operare colla forza di venticinque milioni di liberi a pro’ dell'intero mondo.
    Fate che i vostri non dimentichino nelle forme lo spirito.
    Il simbolo senza l’idea è cadavere.
    E i massoni del XIX secolo e d'Italia devono essere piú vicini d’un passo alla rivelazione dell’Idea che non quelli dei secoli addietro.

    Voi volete gli uomini fratelli; volete dunque che sia abolito il privilegio ereditario governativo.
    Il Gran Maestro non è né può essere ereditario.
    Voi volete la luce per tutti.
    Voi dunque volete abolire il monopolio della luce e della scienza in un solo individuo.
    Il Grande Architetto dell'Universo non ha vicarii in terra, se non quelli che piú lavorano col sagrificio all'edificazione del suo Tempio.
    Guardate al Papato, e dite se la sua caratteristica è il sagrificio.
    Monarchia e Papato adunque sono incompatibili col trionfo della vostra Istituzione.
    Non lo dimenticate.
    Dio e il Popolo: ecco il vostro simbolo; la vostra parola sacra.
    Guidate per mano i vostri adepti ad esso e moltiplicate.

    E non vi separate da quanto riguarda i dolori, i bisogni, le aspirazioni dei vostri fratelli profani ancora.
    Il miglior metodo d'iniziazione è la comunione con essi.
    Abbiatemi fratello nella fede dell'avvenire.



    Gius. Mazzini
    (Scritti editi e inediti, Edizione Nazionale, LXXVI, Epistolario XLVI, pp. 48-52)




    Così si rivolgeva Giuseppe Mazzini, Padre della patria, ai fratelli massoni delle logge siciliane.
    Un documento storico di una importanza notevole.
    I rapporti tra Mazzini e la massoneria sono noti; secondo il grande Oriente d'Italia Mazzini fu massone e ricoprì anche la carica di Gran Maestro, mentre secondo altri storici la sua affiliazione alla libera muratoria non è ancora provata.
    Quel che è certo è che Giuseppe Mazzini condivideva gli scopi e i valori della massoneria, e ad essa guardò sempre con grande simpatia.
    In questa lettera rivolgendosi ai fratelli siciliani rievoca il ruolo della massoneria, e ricorda come fu proprio la libera muratoria la protagonista della rivoluzione francese.
    Gli storici che sostengono questa posizione attualmente vengono catalogati nel filone del “complottismo”, mentre per Mazzini e i massoni del XIX secolo era una realtà assodata.
    Mazzini si spinge oltre, sostenendo che “Gli illuminati erano repubblicani”.
    Il riferimento è agli Illuminati di Baviera di Weishaupt, quell'ordine segreto settecentesco che aveva come obiettivo la distruzione dell'ordine sociale esistente, e l'edificazione di un Nuovo Ordine retto dagli iniziati.

    Ufficialmente la massoneria odierna disconosce e prende le distanze dalle idee e dall'operato degli illuminati, e dalla loro ideologia indubbiamente luciferiana.
    Le parole di Mazzini dimostrano invece chiaramente come ancora nel XIX secolo l'eredità dell'ordine di Weishaupt fosse orgogliosamente rivendicata dai liberi muratori.
    Infine, risultano interessanti i riferimenti di Mazzini alla visione “mondiale” della massoneria e dei nuovi stati nazioni che per opera della massoneria stessa stavano sorgendo.
    Stati nazione che rappresentavano solamente un primo passo verso una unione più ampia, sovranazionale.
    Parole e concetti che risultano alquanto familiari alle nostre orecchie, dal momento che i nostri “rappresentanti democratici” non perdono occasione di ribadirli.
    E tutti i vari “capi di stato” che con devozione esaltano la visione e la “religiosità” mazziniana, a quale religiosità si riferiscono?








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