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    Predefinito Normalizzazione linguistica

    Rispondendo all'invito di Perdu e Antoneddu, apro in questo forum uno spazio dedicato alla normalizzazione linguistica. Il mio contributo riguarda la strada seguita per la lingua friulana.
    Mi scuso fin da ora con tutti voi, ma non conoscendo il sardo e (suppongo) non conoscendo voi il friulano, scriverò in italiano.

    Per questioni di praticità, articolerò il mio intervento iniziale, in sezioni autonome.

    Premesse generali

    Prima di spiegare qual’è la strada percorsa in Friuli relativamente alla “normalizzazione” della lingua, vorrei fare alcune premesse che credo utili per capire meglio la situazione. Mi scuso fin d’ora se dirò delle ovvietà. Credo che chi lavora quotidianamente con e per la lingua sarda sappia già parecchie delle cose che dirò, ma preferisco dire cose risapute piuttosto che non farmi capire nel caso ci sia qualcuno che è un po’ a digiuno in materia. Per facilitare la comprensione dei processi sviluppatisi in Friuli farò anche delle annotazioni storiche; spero che non appesantiscano troppo il discorso.

    1) Il processo di normalizzazione linguistica varia da comunità a comunità, non esiste una ricetta magica che vale per tutti, ma a volte le altrui esperienze possono aiutare ad imboccare la strada giusta o ad evitare errori commessi altrove. Il caso friulano non fa eccezione.

    2) Il processo di normalizzazione della lingua friulana è ancora in corso e ci vorranno ancora parecchi anni per giungere – si spera – a fare del friulano una lingua “normale” in grado di essere utilizzata pienamente in tutti i settori della società, senza limitazioni causate da carenze proprie o imposte dall’esterno. Quanto segue è, dunque, solamente la prima parte di un lungo percorso.


    Fatte queste due premesse generali, è necessario aggiungerne un’altra che è fondamentale per evitare pericolose confusioni. Bisogna assolutamente tenere separata la questione della grafia da quella della lingua comune. Può sembrare una banalità per gli operatori del settore, ma molti tra coloro che si oppongono alla valorizzazione ed allo sviluppo delle lingue minorizzate approfittano della scarsa conoscenza che la gente comune ha di questi argomenti per danneggiare il processo di normalizzazione linguistica e coloro che ne sono gli artefici.
    La grafia è semplicemente un sistema di simboli convenzionali che servono per rappresentare i suoni. Le differenze tra le grafie sono il risultato di tradizioni diverse (per esempio si scrive “ceco” in italiano, “checo” in spagnolo, “tchèque” in francese nonostante la pronuncia della prima sillaba sia la stessa) o della necessità di rendere suoni particolari, non presenti in altre lingue.
    La lingua comune (o variante standard o coinè) è, solitamente, il modello di lingua letteraria di riferimento per una comunità linguistica. Le lingue che hanno uno status ufficiale pienamente riconosciuto hanno una coinè.
    Esiste poi un terzo elemento da tenere presente ed è quello che per comodità chiamerò dei “criteri di normalizzazione”, cioè dei criteri che portano alla formazione di neologismi.
    Cuant che la gnove gjenerazion e sarà imbevude fin a la medole di tâl spirt di indipendence e a si varà formade une salde cussience nazionâl, che finore e mancje ancje tes personis studiadis, i Furlans no formaran plui une ecezion fra ducj i popui de tiere... e la pome de libertât, completamentri madure e colarà a la plui lizere bavesele.

    Achille Tellini (1866-1938)

  2. #2
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    Predefinito Lingua standard

    Esaurite le premesse, si può iniziare il discorso relativo al processo di normalizzazione del friulano.

    Partiamo dalla questione della coinè. Il friulano presenta una serie notevole di varianti locali, a volte circoscritte a pochi paesi. Le differenze tra le singole varietà possono essere anche abbastanza marcate, ma mai tali da pregiudicare la mutua comprensione. Tale situazione non presenta nulla di anormale ed è comune anche alle altre lingue (italiano compreso).
    Quando nel 1420 la Patria del Friuli venne conquistata dalle armate della Repubblica di Venezia, lo “studium” di Cividât (Cividale del Friuli) – l’università presso cui si fromava la classe dirigenziale friulana e le cui lingue di riferimento erano friulano e latino – venne chiuso. Da allora il friulano non ha più trovato spazio in ambiti ufficiali – se escludiamo un breve periodo in cui l’impero asburgico la utilizzò in maniera coufficiale nel Friuli orientale assieme a tedesco, sloveno ed italiano – e non ha dunque potuto godere di quel processo di standardizzazione linguistica che si è invece avuto nei cosiddetti “stati nazionali”.
    Nonostante tutto ciò, la coinè letteraria friulana esiste almeno dal Settecento. In tale periodo infatti l’opera poetica di Ermes di Colorêt (1622-1692) venne presa ad esempio dagli altri poeti e prosatori friulani. Le poesie del di Colorêt erano scritte in una lingua elaborata partendo dalle varietà centrali del friulano. La fama della sua opera fu tale che anche gli autori che parlavano varietà diverse la prendessero a modello. Così anche i principali autori della Carnia (cioè della regione montana friulana), del Friuli orientale e di quello occidentale hanno preso come riferimento la varietà centrale del di Colorêt e dei suoi “allievi”, elaborando alla fine una coinè che pur nascendo dalle varietà centrali del friulano, non può essere identificata con precisione con nessuna di loro. Il friulano può dunque contare su una sua coinè, che non è stata imposta, ma si è sviluppata nel tempo grazie all’opera dei maggiori poeti e prosatori friulani.
    Tale situazione ha visto tuttavia un’eccezione pesante rappresentata dall’opera di Pier Paolo Pasolini. A cavallo tra gli anni ’40 e ’50 Pasolini ha prodotto alcune opere letterarie (poesie, traduzioni, almanacchi, una tragedia) che hanno segnato con forza la moderna letteratura friulana, ma anche l’immaginario di una parte dell’intellighenzia locale. Pasolini ha scelto di scrivere in una variante del friulano occidentale, teorizzando la nascita di una nuova lingua letteraria friulana, dunque di una nuova coinè. Ciò ha fornito un alibi a parecchi poeti (di solito in buona fede), ma soprattutto a molti avversari del friulano per contestare la coinè classica; alcuni hanno perfino dichiarato che la coinè era un’invenzione recente dei “friulanisti” (collegandosi alla definizione della nuova grafia). L’esperienza quotidiana, in Friuli, dimostra che i più accesi sostenitori delle varianti locali, sono i primi a non utilizzarle: per loro la lingua friulana ha una valenza affettiva, ma nulla più, per le cose “serie”, insomma per l’ufficilità basta l’italiano.
    Per quanto riguarda la nostra situazione, tutti coloro che lavorano perché il friulano possa diventare una lingua “normale”, da utilizzarsi in ogni situazione e in ogni ambito, riconoscono nella coinè nata dalla varianti centrali del friulano, la lingua standard di riferimento. Tale coinè è pensata come lingua tetto (cioè di riferimento) per tutte le varianti, mentre ora è l’italiano a fare da lingua tetto (per cui accade che la persona friulanofona X quando non sa dire una parola nella sua variante la prende dall’italiano). La coinè è, almeno per chi è di madrelingua friulana, utilizzata per scrivere, mentre nell’oralità si conserva la propria variante. La lingua standard è pensata per l’ufficialità: scuola, amministrazione, informazione, divulgazione scientifica, ecc. mentre nessuno ha mai contestato l’uso delle varianti, anche in forma scritta, per quando riguarda poesie, canzoni, etnotesti, ecc. I documenti ufficiali prodotti finora in friulano dalla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia (manifesti, sito internet, documenti programmatici o normativi) sono tutti in lingua friulana standard. Stessa cosa vale per i materiali prodotti dalle principali amministrazioni locali che hanno iniziato a dare attuazione alla legge 482/99.
    Cuant che la gnove gjenerazion e sarà imbevude fin a la medole di tâl spirt di indipendence e a si varà formade une salde cussience nazionâl, che finore e mancje ancje tes personis studiadis, i Furlans no formaran plui une ecezion fra ducj i popui de tiere... e la pome de libertât, completamentri madure e colarà a la plui lizere bavesele.

    Achille Tellini (1866-1938)

  3. #3
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    Predefinito Grafia - prima parte

    Per quanto riguarda invece la questione della grafia la situazione è più complessa. Il processo di unificazione delle forme grafiche iniziato durante il periodo d’indipendenza della Patria del Friuli (1077-1420) è stato interrotto in seguito alla conquista veneziana che ha imposto come lingua ufficiale scritta, anche in Friuli, una coinè tosco-veneta (cioè italiana). Le dominazioni seguenti (intermezzo napoleonico, impero asburgico, regno d’Italia) hanno di fatto consolidato l’uso dell’italiano come lingua ufficiale. Ciò ha influenzato anche le scelte grafiche di quanti hanno continuato a scrivere in friulano, tuttavia, per esempio, il vocabolario friulano-italiano elaborato dall’abate Jacopo Pirona durante l’Ottocento (e base per il successivo “Nuovo Pirona” che ancora rappresenta uno strumento importantissimo per la lingua friulana) presentava scelte di grafia alternative al sistema italiano. A cavallo tra glia anni ‘10 e ’20 del Novecento il dibattito sulla lingua friulana (ed anche sulla grafia) si infiamma. Ai due estremi del dibattito troviamo Achille Tellini e i dirigenti della neonata Società Filologica Friulana. Il primo – fautore di uno stato ladino indipendente, pacifista ed esperantista – utilizza una grafia che richiama l’alfabeto fonetica internazionale, i secondi (personaggi come Ugo Pellis, Bindo Chiurlo, ecc. che rivendicano per il Friuli uno status particolare di italianità di confine) invece sostengono la necessità di “scrivere il friulano da italiani...” Con l’avvento del fascismo il primo sarà perseguitato, mentre i secondi saranno utilizzati in chiave antislovena (in pratica “i friulani, figliastri di Roma, contro l’eterno barbaro tedesco e slavo...”). Ciò naturalmente porterà a “scrivere il friulano da italiani...”
    Nel secondo dopoguerra la grafia “italianeggiante” della Filologica è l’unica sopravvissuta. Josef Marchet / Giuseppe Marchetti – prete, insegnante, storico, autonomista e antifascista (e per questo mandato al confino) – pone le basi, assieme a Felix Marchi – dirigente socialista poi su posizioni anarchiche, nazionalitario friulano – del giornale “La Patrie dal Friûl”, prima settimanale e poi mensile, scritto interamente il lingua friulana. Anche attraverso il giornale Marchet rilancia la questione della lingua, provvede a rafforzare la coinè, lavora sui neologismi, elabora i “Lineamenti di grammatica friulana” e riforma la grafia. Pur partendo da quella della Filologica, abbandona il dogma dello “scrivere il friulano da italiani”. Per esempio, per rendere l’occlusiva sorda postpalatale e quella sonora postpalatale (suoni caratteristici del friulano, che non esistono in italiano) sceglie i digrammi “cj” e “gj” in sostituzione degli italianismi “ci” e “gi” che, per altro, producevano anche confusione; riprende inoltre la tradizione ottocentesca di riprodurre l’africata sorda palatale in corpo di parola con la “zz”; elimina gli italianizzanti “gli” (laterale palatale) e “sc” (fricativa sorda palatale); ecc.
    Arriva poi l’esperienza di Scuele Libare Furlane che per indicare l’africata sorda palatale, l’africata sonora palatale, la fricativa sorda palatale in alcune posizioni introduce grafemi tipici delle lingue slave con alfabeto latino (il simbolo ^ rovesciato su c, z, s). Tale innovazione sarà ripresa poi da Girgio Faggin (autore di un fondamentale vocabolario friulano-italiano) e da Zuan Nazzi che negli ultimi ha prodotto diversi dizionari (italiano friulano, friulano frances, friulano inglese, ecc.). Uno dei problemi principali di tali grafie sta proprio nell’uso di tali grafemi che non trovano posto sulle tastiere usate normalmente in Friuli.
    Cuant che la gnove gjenerazion e sarà imbevude fin a la medole di tâl spirt di indipendence e a si varà formade une salde cussience nazionâl, che finore e mancje ancje tes personis studiadis, i Furlans no formaran plui une ecezion fra ducj i popui de tiere... e la pome de libertât, completamentri madure e colarà a la plui lizere bavesele.

    Achille Tellini (1866-1938)

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    Predefinito Grafia - seconda parte

    Di fronte al prolificare delle grafie e delle posizioni riguardanti la standardizzazione del friulano, nel 1985 la Provincia di Udine, con il sostegno delle Province di Pordenone e Gorizia (enti che rappresentano la quasi totalità del territorio friulano), istituì una commissione di esperti che rappresentavano le diverse “posizioni” in campo, presieduta dal prof. Xavier Lamuela – docente catalano esperto di filologia romanza e di politica linguistica – incaricata di fissare una grafia unitaria. Nel luglio del 1986, le tre Province friulane ufficializzarono le scelte fatte da Lamuela ed approvate dalla commissione. Ci sono voluti dieci anni perché la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia riuscisse ad approvare, dopo i ripetuti ostacoli frapposti da vari governi italiani, una legge di tutela della lingua friulana. In tale legge (L.R. 15/96) si riconosce tale grafia come ufficiale.
    Le scelte di Lamuela (chiamato non solo per la sua esperienza in materia, ma anche perché – come catalano – giudicato estraneo alle “faide” tra sostenitori delle diverse grafie) si sono basate su criteri di coerenza sistemica, ma non solo. La scelta è stata fatta tenendo conto della diffusione e della tradizione delle diverse grafie in lizza, per cui la base di partenza è stata la grafia della Filologica con le modifiche apportante dal Marchet. La nuova grafia puntava a rendere suoni diversi con grafemi diversi sono stati dunque introdotti anche segni grafici non presenti nella grafia di partenza, tra cui “ç” e “ts”. La “ç” assente in italiano era già presente in friulano sin dai primi documenti scritti ed era giunta fino ai primi decenni del ‘900 (utilizzata anche nel digramma “çh” per indicare l’occlusiva sorda postpalatale). Il “ts” riprendeva invece l’alfabeto fonetico internazionale per riprodurre l’africata sorda alveolare, resa altrimento con la “z” (già utilizzata in friulano per rendere l’africata sonora alvolare e quella palatale). L’idea era quella di non avere paura di uscire dalla tradizione grafica italiana, quando necessario, ma allo stesso tempo nemmeno di demonizzarla, poiché, volenti o nolenti, era anche quella più conosciuta ed utilizzata. Lamuela, per elaborare la sua proposta, tenne conto anche di un altro fattore, cioè il radicamento delle varietà locali. Cercò dunque soluzioni che permettessero a tutti di scrivere nella stessa maniera, ma lasciando poi la libertà di pronunciare lo scritto secondo la loro varietà. Per esempio la parola “pioggia” in friulano si dice “ploe” nelle varietà centrali, ma “ploia” in quelle orientali, la grafia Lamuela optò per la forma “ploie”: chi usa le varietà centrali sa che la “i intervocalica” non si pronuncia, mentre chi usa quelle orientali sa che la “-e” del singolare femminile diventa “-a”. Partendo dalla grafia comune si può arrivare alla propria varietà con poche e facili regole di conversione e viceversa. Tale grafia può essere inoltre utilizzata anche per riprodurre le varietà locali (per esempio nel caso di etnotesti o di poesie). Insomma una grafia unificante, ma rispettosa delle varianti.
    Nonostante tutti i membri della commissione avessero accettato la proposta finale di Lamuela, all’atto pratico la Filologica continuò per la sua strada e lo stesso fecero i sostenitori della grafia Faggin-Nazzi. Per convincere la Filologica (le realtà associativa friulana più influente e con più soci) ad adottare tale grafia è stato necessario giungere a qualche compromesso che ha intaccato la coerenza originaria della grafia: il “ts” all’inizio o in posizione intermedia è stato sostituito con “z” e la lettera “q” è stata reintrodotta, ma solo per l’onomastica e la toponomastica “storica”. Si è trattato di un compromesso fastidioso, ma ha permesso di riunire la grande maggioranza degli operatori linguistici su una grafia unitaria. Ancora oggi non mancano le resistenze – in primis dei fautori della grafia Faggin-Nazzi – ma ormai si tratta di un’esigua minoranza. L’uso che se ne sta facendo da parte delle amministrazioni pubbliche locali (e si spera anche attraverso la scuola) non può che consolidare la sua diffusione.
    Cuant che la gnove gjenerazion e sarà imbevude fin a la medole di tâl spirt di indipendence e a si varà formade une salde cussience nazionâl, che finore e mancje ancje tes personis studiadis, i Furlans no formaran plui une ecezion fra ducj i popui de tiere... e la pome de libertât, completamentri madure e colarà a la plui lizere bavesele.

    Achille Tellini (1866-1938)

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    Predefinito Criteri di normalizzazione

    Per quanto riguarda i criteri di normalizzazione, si parte dalle proposte fatte da Lamuela (naturalmente in coerenza con i processi linguistici tipici del friulano) e poi perfezionati da una commissione di normalizzazione istituita dall’OLF (Osservatori regjonâl de lenghe e de culture furlanis), organismo istituito con la legge regionale 15/96 e orami prossimo ad essere sostituito dalla nuova Agjenzie Regjonâl pe Lenghe Furlane, che dovrebbe disporre di margini d’azione, competenze e finanziamenti superiori a quelli a disposizione dell’OLF.
    Tali criteri sono naturalmente una proposta, indirizzata principalmente a dare coerenza alla lingua comune, soprattutto in ambito ufficiale. L’intendo è quello di intervenire da un lato per fissare forme che rispettino lo sviluppo tipico del friulano (che adesso viene fortemente condizionato dall’italiano) e dall’altro per offrire quei neologismi che servono per permettere un uso pieno della lingua anche in ambiti da cui fino ad ora era rimasta esclusa.
    Qualche esempio pratico. I criteri di normalizzazione indicano la forma prioritaria (ma non per forza esclusiva) nei casi di: alternanza vocalica o consonantica presenti nelle diverse aree del Friuli (p.e.: politiche/pultiche = politica; dubit/dubi = dubbio); varianti lessicali affermatesi in alcuni ambienti letterari (p.e.: linguistic/lenghistic = linguistico); presenza di italianismi consolidati nell’uso comune (p.e.: museo, treno, coragjo).
    I criteri fissati per la normalizzazione del friulano seguono la logica del rispetto del lessico internazionale, non della lontananza dall’italiano. Per esempio in friulano “lingua” si dice “lenghe”, alcuni operatori linguistici hanno optato allora per la forma “lenghistic”. La commissione di normalizzazione ha invece scelto come prioritaria la forma “linguistic”. Tal scelta non deriva dall’italiano “lingua” e “linguistico”, ma dal fatto che per i neologismi (e “linguistico”, al contrario di “lingua”, è una parola indubbiamente recente) si segue la radice latina o greca come fanno le principali lingue europee (spagnolo: “lengua”, ma “linguístico”; francese: “langue”, ma “linguistique”; ecc.). Se per gli operatori cui ha accennato l’idea era di allontanarsi dall’italiano il più possibile per evidenziare la propria diversità linguistica, per i componenti della commissione di normalizzazione una scelta del genere significa in realtà proprio il contrario – prendere l’italiano come modello da cui differenziarsi implica nei fatti il riconoscimento dell’italiano come lingua di riferimento – per cui si seguono i criteri di normalizzazione internazionali senza badare al caso specifico italiano, più di quanto non si faccia per spagnolo, francese, catalano, ecc. anche se poi, in apparenza, il termine risultante può sembrare più vicino all’italiano. In pratica la logica è quella di un confronto alla pari tra le lingue, senza demonizzazioni inutili, ma anche senza sudditanze. Altrimenti si potrebbe arrivare al caso limite del “fevelament”: in friulano “parlare” si dice “fevelâ”, per cui c’è chi ha pensato che la forma “parlament” non fosse veramente friulana, giungendo a teorizzare la forma “fevelament”. L’avversione per l’italiano era talmente condizionante da far scartare una forma friulana attestata storicamente (basti pensare che il Parlamento friulano era uno dei primi in Europa...) per utilizzare un’invenzione senza capo, né coda...
    I criteri di normalizzazione e per la formazione di neologismi sono stati decisi basandosi: a) sullo sviluppo normale del lessico friulano; b) sul rispetto del termine originario (latino, greco, ecc.); c) sui criteri di normalizzazione utilizzati internazionalmente. Basandosi su questi criteri sono stati già creati un correttore ed un vocabolario ortografici su supporto onformatico, si sta procedendo alla realizzazione di un grande vocabolario bilingue friulano-italiano in grafia normalizzata che racchiuda tutti i termini di alto uso con fraseologia, sinonimi, ecc. e di vocabolari settoriali (lessico amministrativo, dell’informatica, ecc.).
    Si tratta naturalmente di proposte: ci vorranno anni per sapere se tali proposte sono state fatte proprie dalla gente oppure no. Scuola, informazione, amministrazione pubblica giocheranno un ruolo fondamentale in questa battaglia.

    Questo, a grandi linee, è il processo che si è sviluppato in Friuli. Naturalmente c’è ancora moltissimo da fare, ma si può dire che alcune grosse problematiche sono state risolte giungendo alla condivisione (magari non totale, ma sicuramente maggioritaria) di scelte fondamentali per lo sviluppo e la valorizzazione della lingua friulana.

    Mi auguro che questo lungo intervento possa esservi utile e offrirvi degli spunti interessanti di discussione.
    Saludi. Mandi.
    Cuant che la gnove gjenerazion e sarà imbevude fin a la medole di tâl spirt di indipendence e a si varà formade une salde cussience nazionâl, che finore e mancje ancje tes personis studiadis, i Furlans no formaran plui une ecezion fra ducj i popui de tiere... e la pome de libertât, completamentri madure e colarà a la plui lizere bavesele.

    Achille Tellini (1866-1938)

  6. #6
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    Grazie çorut! Tutto ciò che ci stai raccontando è interessantissimo, anche per me che sono "profano" del settore!

    Se vorrai scrivere in friulano io sarei della massima curiosità!
    Ho sentito in internet delle registrazioni di una radio friulanofona, e sono rimasto impressionato dalla particolarità della vostra lingua, nulla di italiano nè tantomeno di "gallo-italico"! Addirittura paradossalmente nel pronunciare alcune parole, l'unica lingua in cui ho trovato somiglianze fonetiche indovina qual'era? ...il SARDO!


    Ma che rapporti avete con i LADINI e i ROMANCI? Mi è capitato di leggere che le vostre tre lingue sono per estensione considerabili tre varianti di una ipotetica "Lingua Retica". Ma le analogie sono strette (come per il sardo-logudorese e il sardo-campidanese, cioè le due "Lingue Sarde") o sono piuttosto lontane?


    Gratzias meda! Saludus!

  7. #7
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    ciao e grazie mille per la tua esaustiva spiegazione!
    si capisce chiaramente che per la grafia il friulano ha fatto una scelta di tipo "autonomistico", inserendo lettere che in italiano non esistono, come la ç (a noi "autonomisti sardi" tanto cara...), sono molto contento di questo

    la storia del friulano è molto simile a quella del sardo, anche noi, persa l'indipendenza nel medioevo, abbiamo anche perso l'uso ufficiale della lingua.

    voi avete una forma letteraria (mi è stato detto vicina alla varietà di udine, la capitale, correggimi se sbaglio per favore), che è stata scelta come standard, noi in questo siamo diversi, infatti sin dal medioevo la lingua sarda ha due standards, fortissimi e ben radicati nel territorio, nella letteratura e nelle menti dei sardi, il campidanese letterario (diffuso nella maggior parte della sardegna, molto vicino alla varietà di cagliari) e il logudorese letterario.
    io sono del parere che la soluzione migliore per la lingua sarda sia l'uso di entrambe le varianti, sul modello norvegese.
    a si biri

  8. #8
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    Vi chiedo scusa se non rispondo subito alle vostre domande e/o considerazioni, ma per questioni logistiche (impegni pressanti che mi portano per un po' lontano dal computer...) adesso riuscirei solo a scrivere un paio di battute, invece preferisco farlo con un po' più di calma per darvi risposte un po' più articolate. Per cui rimando le risposte a lunedì... naturalmente se nel frattempo volete aggiungere altre domande e/o considerazioni o qualcun altro desidera intervenire, sarò ben contento di rispondere.
    A si biri. Si viodìn lunis che al ven. Mandi.
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  9. #9
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    Originally posted by Çorut
    Vi chiedo scusa se non rispondo subito alle vostre domande e/o considerazioni, ma per questioni logistiche (impegni pressanti che mi portano per un po' lontano dal computer...) adesso riuscirei solo a scrivere un paio di battute, invece preferisco farlo con un po' più di calma per darvi risposte un po' più articolate. Per cui rimando le risposte a lunedì... naturalmente se nel frattempo volete aggiungere altre domande e/o considerazioni o qualcun altro desidera intervenire, sarò ben contento di rispondere.
    A si biri. Si viodìn lunis che al ven. Mandi.
    non mancheremo!
    interessante il tuo saluto, molto simile al nostro.....si bieus lunis ki benit!

  10. #10
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    Originally posted by Perdu

    interessante il tuo saluto, molto simile al nostro.....si bieus lunis ki benit!
    Lo ho notato anch'io! / Du apu biu deu puru!

 

 
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