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Discussione: Bolivia

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    Predefinito Bolivia

    L'enorme importanza geopolitica della Bolivia

    Il 10 giugno, in Bolivia, dopo mesi di tensioni sociali e violenti scontri che hanno fatto temere lo scoppio di una vera e propria guerra civile, il Congresso ha nominato il nuovo presidente nella persona di Eduardo Rodriguez. (di Pier Francesco Galgani)
    Questi succede a Carlos Mesa, il quale dopo soli venti mesi di governo ed esasperato dalle difficoltà incontrate nella sua attività, ha rassegnato le dimissioni. Per il paese andino Rodriguez è il terzo presidente in tre anni e come lui stesso ha dichiarato la sua sarà una presidenza a termine che avrà come principale obiettivo la preparazione delle prossime elezioni politiche.
    La Bolivia è il paese latinoamericano più ricco di risorse naturali, ma anche il più povero in termini assoluti dopo Haiti. Questa è solo una delle molteplici contraddizioni che denotano una nazione con caratteristiche eterogenee sotto ogni aspetto: economico, etnico, geografico e sociale. In un territorio che si estende su una superficie vasta oltre tre volte quella dell'Italia e che spazia dai 5.000 metri delle Ande fino ai grandi fiumi amazzonici, convivono ben 36 differenti etnie. In un contesto simile, tra le rivendicazioni delle minoranze e la povertà diffusa, gli episodi di protesta sono all'ordine del giorno, manifestati nella loro espressione più tipica con i bloqueos, i blocchi stradali sulle principali arterie del paese che finiscono per paralizzare trasporti, comunicazioni e tutte le attività economiche.

    Il predecessore di Carlos Mesa, Gonzalo Sanchez de Lozada, era stato costretto a dimettersi nel 2003 in seguito all'esplosione di rivolte popolari dovute a una legge, poi ritirata, che prevedeva il libero accesso dei capitali privati stranieri allo sfruttamento delle risorse di idrocarburi: petrolio, ma soprattutto gas naturale. In quell'occasione gli scontri di piazza causarono oltre 70 morti e 200 feriti. Mesa, una volta insediatosi alla presidenza promise che a differenza del suo predecessore non sarebbe mai ricorso all'uso della forza contro i manifestanti. L'ultima crisi che ha condotto alle dimissioni anche di questo presidente ha avuto motivazioni simili a quella del 2003.

    Dopo gli aspri scontri di piazza, Mesa si impegnò a sottoporre la questione dello sfruttamento del gas naturale da parte delle multinazionali straniere ad un referendum popolare che se formalmente avrebbe dovuto porre un freno all'attività di queste, in realtà permise loro di continuare a estrarre il gas naturale boliviano, di cui la nazione è ricchissima - solo il Venezuela ne possiede di più - pagando tasse di concessione estremamente ridotte, contribuendo così a mantenere gli abitanti del paese in una grave situazione di indigenza. La Bolivia dispone di ingenti risorse di gas naturale, secondo alcune stime le sue riserve sono valutate in circa 70 miliardi di dollari e recentemente sono stati scoperti nuovi giacimenti, concentrati in maggior parte nella zona di Santa Cruz, per oltre 150 miliardi di metri cubi.

    Dagli anni '60 le grandi multinazionali dell'energia hanno iniziato a sfruttare queste riserve e attualmente il paese è chiamato a onorare 77 contratti con le più grandi di queste (tra cui Repsol, Petrobras, Shell, British Gas, e finchè non era emerso lo scandalo finanziario che l'ha portata al fallimento, la Enron di Kenneth Lay). Tali enormi risorse di gas rendono la Bolivia uno dei paesi più importanti nel sistema energetico mondiale: di fronte alle crescenti difficoltà delle nazioni occidentali nel reperimento di sempre maggiori quantità di petrolio per alimentare i propri aumentati bisogni energetici, dovute sia all'instabilità politica dei produttori Opec sia al vicino raggiungimento della massima curva di produzione dei paesi non Opec, molti analisti ritengono che nella futura transizione delle moderne economie occidentali dal petrolio come principale fonte di energia ad altre risorse rinnovabili (eolica, solare, idrogeno), il gas naturale possa rappresentare una risorsa "ponte" tra i due sistemi energetici. Di qui l' enorme importanza geopolitica della Bolivia e delle sue riserve di idrocarburi.

    Tuttavia, nella realtà boliviana, questi giochi energetici internazionali non hanno apportato alcun giovamento allo stato di gravi difficoltà economiche della popolazione. Nella nazione andina il 20% degli abitanti più agiati controlla il 60% della ricchezza, mentre al 20% dei più poveri rimane solo il 3%. Secondo le forze politiche espressione delle classi più bisognosi del popolo boliviano, le crescenti sperequazioni presenti nel tessuto sociale sono da attribuirsi anche alle riforme neoliberiste richieste da istituzioni internazionali quali il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale al fine di favorire lo sviluppo del paese.

    Molti boliviani sono convinti che le riforme di mercato attuate dal predecessore di Mesa, Sanchez Losada abbiano ulteriormente impoverito il paese. Tali considerazioni sono oggi espresse pubblicamente anche da molti esperti economici internazionali. Lo stesso premio Nobel per l'economia Joseph Stiglitz, nel suo ultimo libro "The roaring nineties" sulla bolla speculativa degli anni '90, sostiene che le riforme neoliberiste propugnate dalle grandi istituzioni internazionali, conosciute come "Washington consensus" per favorire il decollo economico dei paesi in via di sviluppo hanno avuto effetti diversi e spesso devastanti da quelli voluti, in particolare in America Latina; basti pensare al recente caso dell'Argentina. Ormai l'intero continente sudamericano contesta apertamente le politiche economiche del "Washington consensus", afferma Jim Shultz, direttore del "Democracy Center", tale contestazione talvolta avviene nelle urne (come nel caso del Brasile, con l'elezione di Lula da Silva), talvolta nelle strade, come in Bolivia, ma si tratta in sostanza della stesso tipo di ribellione. Il sostanziale fallimento delle riforme del "Washington consensus" e i crescenti guadagni delle imprese multinazionali dall'attività estrattiva boliviana e da altre risorse naturali come l'acqua, senza nessun vantaggio per le popolazioni indigene, anzi con il peggioramento delle differenze sociali, sono all'origine della crisi che nel 2003 portò al potere Carlos Mesa e che oggi lo ha costretto alle dimissioni e alla successione di Rodriguez. Per limitare lo strapotere delle imprese energetiche straniere e per ottenere risorse necessarie alle esigenze del paese il Congresso boliviano aveva votato una legge che aumentava dal 18 al 50% tra tasse e royalties sui giacimenti, il carico finanziario per le multinazionali che sfruttano le risorse energetiche boliviane. Il presidente Mesa, su pressione delle oligarchie legate alle società estrattive straniere, e tenendo in maggior conto gli obblighi internazionali del paese e meno quelli verso il suo popolo, si è rifiutato di firmare tale legge.

    Di qui le imponenti proteste sociali delle ultime settimane. Migliaia di contadini e minatori si sono riversati nelle strade della capitale, La Paz, chiedendo la nazionalizzazione delle risorse energetiche del paese. Le manifestazioni sono via via cresciute di intensità fino ai primi scontri tra polizia e dimostranti. Nel paese i contrasti sono divenuti talmente gravi da far temere, come ha sostenuto lo stesso Mesa, la guerra civile. In questo clima rovente, giovedì 9 giugno, nel corso di una conferenza stampa, il capo delle forze armate, ammiraglio Granados ha fatto balenare lo spettro di un intervento dell'esercito. In quella occasione ha sostenuto che i suoi uomini sarebbero potuti intervenire per garantire il rispetto della volontà del Congresso.

    Per far rientrare le tensioni Carlos Mesa si è dimesso e i parlamentari riuniti a Sucre hanno nominato alla massima carica dello Stato Eduardo Rodriguez, 49 anni, presidente della Corte Suprema boliviana. Come primo atto della sua amministrazione Rodriguez ha voluto incontrare i leader delle proteste sociali per analizzare insieme a loro la richiesta di nazionalizzare le vaste risorse di idrocarburi. Secondo gli ultimi aggiornamenti i colloqui avviati dal neo presidente avrebbero favorito un riavvicinamento delle posizioni tra le due parti.

    Nello svolgimento della recente crisi boliviana il ruolo esercitato dagli Stati Uniti è apparso molto ridotto. Il basso profilo assunto da Washington non è un ritorno alla politica di Roosevelt del buon vicinato, ma è dovuto ad altre considerazioni, in particolare la paura che un loro intervento diretto avrebbe potuto accrescere l'instabilità della situazione del paese andino. Secondo Riordan Roett della School of Advanced International Studies della Johns Hopkins University di Washington gli Stati Uniti avrebbero potuto fare molto poco nella crisi boliviana: essendo fortemente identificati con il "Washington consensus" e la globalizzazione, gli Stati Uniti rappresentano una parte dei problemi da risolvere, non la soluzione.

    Anche William LeoGrande della American University si è detto d'accordo con questa valutazione: "Il sentimento antiamericano in Bolivia è così forte che tutto ciò che gli Stati Uniti avrebbero potuto fare per calmare gli animi avrebbe avuto l'effetto opposto". "Il popolo boliviano - continua LeoGrande - è talmente convinto che la sua situazione di indigenza economica sia dovuta anche alla notevole forza delle multinazionali, molte delle quali americane, che un intervento statunitense non avrebbe fatto altro che peggiorare la situazione".

    Tali considerazioni sono state fatte proprie dalla amministrazione Bush, tuttavia, in essa non sono mancate voci dissenzienti. Roger Noriega, sottosegretario di Stato per l'America Latina ha accusato il presidente venezuelano Hugo Chavez e Fidel Castro di avere fomentato le proteste sociali boliviane. A sua volta Chavez, in un programma televisivo trasmesso lo scorso 12 giugno ha attribuito alle politiche economiche americane la crescente miseria e destabilizzazione sociale crescente che attanaglia sempre più le nazioni sudamericane.

    (Pagine di Difesa, 16.6.05)
    " OMNIA SUNT COMMUNIA "

  2. #2
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    Com'è che nonostante i sentimenti antistatunitensi in Bolivia i presidenti sono sostanzialmente filo yankee?

    Pensi che dalle prossime elezioni politiche possa uscire qualcuno alla Chavez?

 

 

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