Il referendum della Transnistria, Stato fantasma tra
Russia e Occidente
di Gianluigi Torchiani
Il prossimo 17 settembre i cittadini della
Transnistria saranno chiamati alle urne per rispondere
ai due seguenti quesiti referendari:
1- Lei considera come priorità lo sviluppo dei
rapporti con la Federazione Russa?
2- Lei considera possibile l'entrata della
Transnistria nella composizione della Repubblica
Moldava?
Non si tratta dell'attacco di un saggio di
fantapolitica, la Transnistria, piccola repubblica
ribelle a est della Moldova, ex Urss, esiste sul
serio, anche se dimenticata dalle cartine geografiche
europee perchè non riconosciuta da nessuno stato
(Russia a parte). La Transnistria proclamò infatti la
sua indipendenza il 2 settembre 1990, in piena
perestroika gorbacioviana, per sottrarsi alle
crescenti spinte autonomiste Moldave, e fu difesa dai
2.000 uomini dall'ex 14° corpo d'armata dell'Urss, che
ancora oggi sono là come soldati della Russia di
Putin. Da allora la Transnistria è l'ultimo lembo
rimasto in vita di quello che fu una volta il grande
impero sovietico, un paese ancora governato dal
Partito Comunista e con un Soviet supremo al posto del
parlamento, e presieduto dalla sua indipendenza dallo
stesso presidente, Igor Smirnov, ex metalmeccanico
siberiano. Smirnov, considerato dalle cancellerie
occidentali come un piccolo despota, è anche padre di
Vladimir, che è a sua volta a capo della Sheriff, la
multinazionale di famiglia che controlla l'economia
della piccola enclave. Perchè la Transnistria non è
solo l'ultimo santuario del comunismo, come ci spiega
Mihaela Iordache, collaboratrice dell'Ossrvatorio dei
balcani: «La Transnistria è un vero e proprio Eldorado
del contrabbando e degli affari illeciti, con una
forza presenza di mafie e anche di organizzazioni
terroristiche. Un problema che potrebbe riguardare
sempre più da vicino anche l'Europa». Nel 2007 infatti
l'Ue dovrebbe accogliere nei suoi confini anche la
Romania, che confina direttamente con la Moldova, che
tra l'altro spera anch'essa prima o poi nell'ingresso.
Oltre ai problemi legati alla criminalità si sono
aggiunti recentemente quelli geopolitici, che hanno
fatta innalzare la tensione nell'area dopo anni di
relativa calma e di tentativi di negoziati.
A rompere l'equilibrio nella regione è stata l'ascesa
al potere a Kiev del leader arancione filo occidentale
Vladimir Yuschenko, che ha preso subito di mira la
questione Transnistria. Il 3 marzo 2006 le autorità
doganali ucraine, con l'obiettivo ufficiale della
guerra al contrabbando, hanno infatti imposto che per
le merci provenienti dalla Transnistria siano
necessari i bolli di dogana dalla Repubblica Moldova,
negando validità ai documenti transnistriani. Il
provvedimento, appoggiato dall'Ocse, si è trasformato
di fatto in un vero e prorio embargo per la repubblica
ribelle, con l'obiettivo neanche tanto celato (come
conferma l'ultimo rapporto dell'International crisis
group) di incoraggiare il malcontento in Transnistria.
Il blocco ha provocato la reazione di Mosca,
assolutamente decisa a non concedere altro spazio
all'occidente dopo l'Ucraina e la Georgia, che ha
emesso un bando contro l'importazione del ricercato
vino moldavo. Smirnov, dal canto suo, ha provato ad
organizzare un controblocco, presto ritirato, e ha poi
minacciato di usare l'arma dell'energia elettrica, dal
momento che le centrali che alimentano la Moldova sono
quasi tutte in Transnistria.
Altri fatti strani negli ultimi mesi hanno contribuito
all'innalzamento della tensione: il 6 luglio a
Tiraspol, capitale della Trasnistria, una bomba ha
provocato sette vittime. «Nel regime di Smirnov -
spiega la Iordache - alcuni hanno puntato il dito
contro il governo moldavo, accusandolo di voler
destabilizzare il paese. Altri invece hanno ammesso
che l'episodio potrebbe essere ricondotto a un
regolamento di conti tra le mafie locali». Fatto sta
che l'attentato ha contribuito a rendere ancora più
inarrestabile la marcia di Tiraspol verso il
referendum. «Il ministro degli esteri moldavo -
racconta la collaboratrice dell'Osservatorio dei
Balcani - ha già negato ogni validità a questo
referendum, perchè non condotto con regole
democratiche. Putin dal canto suo ha già avvertito che
'i desideri dei popoli devono essere rispettati'.
Insomma è molto verosimile che dopo il 17 settembre,
dando per scontata al referendum una vittoria
prorussa, Smirnov e i suoi possano chiedere
l'annessione del territorio alla Federazione Russa».
Uno scenario sicuramente incandescente, che creerebbe
nuove tensioni tra Occidente e Russia, in un momento
in cui le riserve pretrolifere siberiane appaiono
sempre più indispensabili al Vecchio Continente. «
L'unica soluzione - commenta la Iordache - è quella di
riprendere i negoziati con la presenza dell'Ue. La
Moldova non è in grado di risolvere da sola un
problema così grande Il leader moldavo, Voronin, è
volato poche settimane a Mosca ma non ha ottenuto
nulla da Putin, e in patria questa sua visita è stata
vista addirittura come un cedimento». Ma un'eventuale
ripresa delle trattative rimane difficile, a causa
della rinnovata politica estera di Mosca (che un tempo
aveva promesso il ritiro delle sue truppe dalla
Transnistria), come dimostra anche la forte tensione
di questi mesi con la Georgia per la presenza di
soldati russi in Abkhazia, regione reclamata da
Tbilisi.