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La conferenza sul clima di Parigi, prospettive drammatiche

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Luca Carniel, 7 febbraio 2007

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Il 2 e 3 febbraio si è svolta a Parigi la Conferenza internazionale sul clima e l’ambiente per dare vita a una ‘governance’ ecologica mondiale. Quarantasei Paesi, tra cui l'Italia, hanno firmato all’Eliseo un appello per creare una ‘Onu dell'ambiente’, capace di fronteggiare le sfide dei mutamenti climatici e ambientali. E’ stato sottoscritto un documento che rilancia l’idea di "una vasta mobilitazione internazionale per una crescita rispettosa dell'ambiente e contro le devastazioni climatiche", come ha ribadito il presidente francese Jacques Chirac, sottolineando la necessità di "mettere al centro delle nostre decisioni e delle nostre scelte, in ogni settore, la preoccupazione ecologica”.
Dopo la Conferenza sull'ambiente e sullo sviluppo delle Nazioni Unite (Unced), svoltasi a Rio de Janeiro nel 1992, venne firmata la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc), che suggeriva la riduzione delle emissioni dei gas serra senza avere carattere legalmente vincolante per le nazioni. Negli anni successivi sono stati ratificati dei protocolli con limiti obbligatori di emissioni.

Il Protocollo di Kyoto prevede l'obbligo per i Paesi industrializzati - ma non per quelli in via di sviluppo - di operare una drastica riduzione delle emissioni di elementi inquinanti (biossido di carbonio e gas serra), in termini non inferiori al 5,2% rispetto alle emissioni registrate nel 1990 (considerato come anno di riferimento), nel periodo tra il 2008 e il 2012.

Nella conferenza di Parigi il Working Group 1 (WG-1) ha esposto in un rapporto i risultati sullo stato delle conoscenze del clima e dei cambiamenti climatici, con particolare accenno alle possibili evoluzioni del clima globale. Tale rapporto costituisce la prima parte del Quarto Rapporto del Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc), che sarà pubblicato alla fine del 2007. Manca ancora la seconda parte, inerente agli impatti dei cambiamenti climatici e l’adattamento ai cambiamenti climatici, a cui seguirà la terza parte, attinente alla mitigazione dei cambiamenti climatici.

Il ‘Sommario per i decisori politici’, documento principale della sessione plenaria di Parigi, ha concluso che non solo è in corso un cambiamento climatico globale, ma che lo stesso è in fase di progressiva accelerazione. L’evoluzione futura del clima non è prevedibile in modo deterministico, ma è possibile descriverla sotto forma di scenari legati a ipotesi di sviluppo socio-economico mondiale e con l’ausilio di modelli numerici di simulazione climatica.

I punti principali sullo stato del clima globale sottolineano come le concentrazioni atmosferiche di anidride carbonica (pari a 380 parti per milione, ppm) e degli altri gas serra sono le più alte mai verificatesi negli ultimi 650mila anni (con un incremento del 35%) durante i quali il massimo valore di anidride carbonica atmosferica si era mantenuto nettamente inferiore (pari a 290 ppm). Le capacità naturali globali sono in grado di assorbire meno della metà delle emissioni causate dall’uomo. Il resto si accumula in atmosfera e vi rimane per molti anni (anche 200).

La temperatura media del pianeta è aumentata. Le precipitazioni hanno cambiato caratteristiche. La temperatura degli oceani è aumentata. I ghiacci polari e quelli delle medie latitudini si stanno sciogliendo. La temperatura media del mare è aumentata in superficie come negli strati più profondi. L’intensità di eventi estremi come cicloni tropicali (uragani e tifoni), tempeste tropicali ed extratropicali, alluvioni, periodi di siccità e infine le ondate improvvise di caldo come di freddo sono in vistosa crescita.

Sulla evoluzione futura del clima globale, l’Ipcc sottolinea che nella ipotesi minimale l’aumento di temperatura media globale potrebbe oscillare tra 1,5 e 2,8 °C. Nell’ipotesi massimale l’aumento della temperatura potrebbe assestarsi sui 4,5 °C. Entrambe le previsioni meritano attenzione, ma l’ipotesi più probabile appare quella di un aumento della temperatura media globale compreso fra 0,6 e 0,7 °C al 2030 con picchi di 3 °C nel 2100.

La possibile insorgenza di fenomeni non lineari o di destabilizzazione del sistema climatico è degna di nota. Il possibile raggiungimento di un punto di non ritorno causerebbe delle sostanziali imprevedibilità nelle condizioni future del clima. Il livello del mare aumenterà mediamente tra i 28 e i 43 cm nel 2100 (non tra i 15 ed i 90 cm come previsto in analisi precedenti). Con lo scioglimento dei ghiacci della Groenlandia, l’innalzamento del livello del mare potrebbe arrivare perfino a sette metri (ciò è previsto in un periodo successivo al 2100).

La calotta polare artica potrebbe scomparire per fine secolo o, nella migliore delle previsioni, ridursi al 10% della estensione attuale. Anche per i ghiacciai delle catene montuose alle medie e basse latitudini si avrebbero vistose riduzioni con ripercussioni sulla disponibilità di acqua nei bacini idrologici e nelle falde acquifere. Gli estremi climatici quali ondate di calore, precipitazioni intense e alluvionali delle medie e alte latitudini, prolungati periodi di siccità alle medie e basse latitudini, diventeranno sempre più frequenti e intensi. Gli estremi climatici connessi con i ciclonici tropicali, quali uragani e tifoni tenderanno a diventare molto più intensi.

Il rapporto del WG-1 di Ipcc consiste in una dettagliata analisi sulle condizioni climatiche del nostro pianeta che non lascia adito a dubbi sugli sviluppi futuri. I cambiamenti climatici in corso e l’accelerazione che stanno assumendo sono preoccupanti. Il rischio di innesco di una destabilizzazione del clima del pianeta è troppo alto e non può essere sottovalutato.

Politiche lungimiranti dovrebbero puntare a: non fare aumentare le emissioni di anidride carbonica in atmosfera; fissare vincoli e sanzioni per ogni Paese che viola le linee guida definite in consessi internazionali; ridurre gli impatti; prevenire alcuni effetti; collaborare nella protezione civile; investire in mitigazioni coerenti con la riduzione delle emissioni; investire nella formazione di una comune sensibilità ambientale. Sono queste alcune sfide per i governi e per gli apparati amministrativi come pure per le strutture sociali di tutti i Paesi.

Saluti liberali