Radicali fuori.
Saluti e ringraziamenti a tutti ma con il centrosinistra non faranno neanche accordi locali.
Per non costringersi a un profilo marginale e per non edulcorare l’identità referendaria radicale proprio alla vigilia del referendum sulla fecondazione.
Alle regionali non si vedranno nemmeno liste solitarie dei radicali: per mancanza di tempo e forze (annegate nel nulla da giorni anche le trattative con il centrodestra).
Marco Pannella se n’era già fatto una ragione lunedì sera, quando nessun leader dell’Unione gli rispondeva al telefono e ancora mancava il via libera degli alleati alla proposta formulata dai Ds: apparentamento in Lazio, Puglia, Lombardia, Piemonte e Abruzzo.
Poi ieri all’ora di pranzo l’offerta è arrivata ufficialmente e per conto della coalizione da parte del diessino Vannino Chiti.
A quel punto i radicali hanno declinato, rinunciando peraltro a un posto (quasi certamente per Emma Bonino) dentro il listino di Marrazzo nel Lazio.
Pannella e Bonino hanno messo in fila quel che resta alla fine di un infelice negoziato-asta con i due poli durato quasi due mesi. Cosa resta? I buoni propositi federativi del Cav. sconfitti dagli alleati ma forse ancora utili a fissare una data non penalizzante per il referendum; l’atteggiamento propositivo dei compagni ds che hanno strappato a Sdi, Rifondazione e qualche petalo della Margherita la disponibilità per la vana offerta dell’ultima ora; l’amicizia dei quasi 200 accademici pronti a candidarsi nelle liste Luca Coscioni; infine un po’ di mistero sull’eventualità che i radicali diano indicazioni di voto per questo o quel candidato.

Lega / 1. Prime conseguenze del rinnovato attivismo di Umberto Bossi. Ieri sulla prima pagina della Padania – accanto all’apertura-intervista in cui Bossi anticipava il contenuto del suo comizio di domenica prossima a Lugano – ha esordito il nuovo direttore del quotidiano, Gianluigi Paragone, varesotto ex redattore dell’Adnkronos vicino a Giancarlo Giorgetti e non lontano da Roberto Maroni. Lo ha fatto con un editoriale dal titolo: “In Piedi Padania!”. Oltre ai numerosi e buoni propositi di prammatica, Paragone ha inaugurato una linea intransigente assai meno ecumenica di quelle seguite dai predecessori Giuseppe Leoni e Gigi Moncalvo. Nell’articolo del direttore si fanno notare il tono da rivendicazione indipendentista con cui affronta i consueti temi identitari e un passaggio poco conciliante con il personale leghista a Palazzo: “Ci perdonino quindi i nostri politici se qualche volta daremo fastidio agli equilibri che la politica romana impone. La Padania è la voce del Nord”. Segue il monito ai ministri del Nord che non si vedono in Padania e tutto il reperorio antieuropeista e islamofobo con nuovi accenti anticapitalistici e antimarxisti. Chiaramente identificato con la figura di Bossi, il quotidiano leghista si annuncia poco acquiescente con i suoi ministri, in particolare Castelli e Calderoli.

Lega / 2. Calderoli sembra essere il dirigente più in difficoltà. A dimostrarlo non c’è solo la contestazione subita domenica a un convegno milanese della Libera Compagnia Padana, quando l’improvvido intervento pomeridiano del ministro (“a parole siete tutti secessionisti”) ha scatenato urli e sberleffi di una platea effettivamente secessionista (c’erano il giorgettiano presidente del Consiglio regionale lombardo, Attilio Fontana, intellettuali provenienti dal paesaggio culturale di Gianfranco Miglio, come Marco Bassani, difensori del popolo delle partite Iva come Giancarlo Pagliarini, ex missini neodestristi come il direttore dei Quaderni padani Gilberto Oneto). Calderoli mantiene un suo uomo forte alla guida di RadioPadania (Giulio Cainarca) ma perde potere sul quotidiano del Carroccio e arretra nella sua Lombardia (dove 5 consiglieri uscenti su 9 non verranno ricandidati). Nella sede nazionale di via Bellerio circola una rosa di nomi che la Lega vorrebbe nel listino per le regionali. Tra questi, Rosi Mauro, segretaria del Sindacato padano, anticalderoliana;
Stefano Galli, consigliere uscente “antiministeriale” già condannato per vilipendio alla bandiera; Mauro Gallina, consigliere provinciale cremonese. C’è chi ha letto anche il nome del capogruppo alla Camera, Alessandro Cè, mai invischiato in correnti.

Il Foglio del 2 marzo

saluti